Giurisprudenza: il pannello dello scandalo di Gustav Klimt

Avvocato Corinna Fabbri | Giurisprudenza: il pannello dello scandalo di Gustav Klimt

Gustav Klimt (1862 – 1918) è uno dei più importanti pittori austriaci.
Egli nacque in un sobborgo di Vienna, era figlio di un orafo e, da ragazzo, frequentò la scuola di arti decorative viennese dove si distinse per il suo talento artistico. Crebbe nel clima simbolista europeo di fine secolo che, nell’arte, si espresse nell’Art Nouveau ed è considerato il maggior esponente della c.d. Secessione Viennese, associazione artistica da lui creata.
I tratti distintivi dell’arte di Klimt sono l’eleganza decorativa ed armonica, il tratto morbido, le linee dolci e sinuose, soggetti, soprattutto femminili, ispirati alla natura od a mondi lontani e mitologici, vagamente onirici.
Nel 1894, il Ministero dell’Istruzione, con la finalità di celebrare la cultura ed il trionfo del sapere razionale, incaricò l’artista di dipingere alcuni pannelli decorativi per l’Aula Magna dell’Università di Vienna. In particolare, a Klimt fu assegnata la rappresentazione di un ciclo di allegorie, composto dalla Filosofia, Medicina e Giurisprudenza – c.d. Quadri delle facoltà.
Tra di essi, la Giurisprudenza è stato l’ultimo dei tre dipinti realizzato dal pittore, nel 1907, discostandosi, peraltro, dal punto di vista stilistico, dagli altri due ed essendo l’allegoria che destò più scandalo.
Difatti, tale opera si inserisce nel così definito periodo aureo – l’ispirazione deriva da un viaggio in Italia, durante il quale l’artista ha avuto la possibilità di ammirare gli splendidi mosaici bizantini – momento artistico caratterizzato dal frequente utilizzo di ricchi decori e tonalità dorate.
La rappresentazione segue uno schema gerarchico di concetti, rappresentando una forza inconoscibile e impietosa.
Invero, nella parte inferiore, si raffigura la scena di una punizione, ove vi è un uomo, un condannato, completamente nudo, ricurvo e stretto nella morsa di un enorme polpo nero.
A tale episodio, assistono tre figure femminili, le Erinni che, nella mitologia greca, sono identificate come la personificazione della vendetta.
Invece, al di sopra, su di uno sfondo dorato, sono state rappresentate le tre allegorie del diritto, Verità – seminuda che si sta scoprendo, Giustizia – con la spada e Legge – con in mano un libro dal titolo in latino, impersonate da tre figure femminili avvenenti e lascive, impassibili spettatrici delle difficoltà dell’uomo, incastonate come pietre preziose nel mosaico bizantino.
In particolare, la Giustizia non è raffigurata quale istituzione al servizio della società, bensì come una tremenda punitrice, una forza astratta che si accanisce sull’uomo.
Dall’analisi dell’intera opera emerge la visione della giustizia dell’artista, il quale ritiene che la stessa non agisca in maniera coerente e giusta, non ponendosi sempre dalla parte della società, tanto da pensare che le varie raffigurazioni della giustizia finalizzate a glorificarne gli aspetti positivi siano, in concreto, irrealistiche.
I pannelli decorativi non furono mai affissi nell’Aula Magna dell’Università di Vienna a causa delle critiche e delle pressioni che Klimt subì, dal Ministero, per le sue rappresentazioni, considerate eccessivamente simboliche, accusatrici delle istituzioni e non razionali ed oggettive. Dopo averli riacquistati dallo Stato, essi furono venduti ad un industriale ebreo e, dopo la morte di Klimt, trasferiti nel castello di Immendorf, ove, però, nel 1945, andarono completamente distrutti in un incendio.