Il significato giuridico dei concetti di residenza, dimora e domicilio è ben diverso dal senso comune attribuito a tali parole.
Invero, il Libro I – titolo III – del Codice civile disciplina precisamente i tre diversi istituti.
L’art. 43, comma 2 cod. civ. definisce la residenza, individuandola nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale. In genere, si presume che la residenza anagrafica e la residenza effettiva della persona coincidano.
Invece, la dimora rappresenta il luogo in cui un individuo vive temporaneamente o soggiorna abitualmente. Tale concetto non ha rilevanza giuridica, acquisendola solo nel caso in cui la residenza del soggetto non sia nota.
L’art. 43, comma 1 cod. civ. identifica il domicilio come il luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari ed interessi – c.d. domicilio generale, mentre se esso è stabilito per determinati affari od atti è detto domicilio speciale, ai sensi dell’art. 47 cod. civ.
Si evidenzia che, mentre residenza e dimora presuppongono la presenza della fisica della persona, il domicilio prescinde da tale carattere materiale, concentrandosi sugli atti compiuti da un soggetto in un certo luogo.
I tre concetti rilevano, altresì, per stabilire, in via residuale, il foro di competenza delle persone fisiche.